Il fenomeno della subsidenza è in costante crescita, soprattutto nelle zone costiere, ma non solo. Le cause di questo fenomeno, sono due: naturali o antropiche. Ma iniziamo con lo spiegare cos’è la subsidenza.
Con subsidenza si intende il progressivo abbassamento verticale del terreno di una determinata zona, dovuto alla compattazione dei materiali sotto di essa. Questo abbassamento può provocare allagamenti e inondazioni, soprattutto quando le zone interessate sono vicino alla costa o vicino a dei fiumi. Le cause, come detto in precedenza, possono essere naturali o provocate dall’uomo.
Nel primo caso, la subsidenza può scaturire dall’assestamento del materiale sotto la zona interessata, come ad esempio lo schiacciamento di sedimenti porosi, portando ad abbassare tutto ciò che si trova al di sopra di esse, oppure anche a seguito di piccoli movimenti tettonici. Insomma, la subsidenza naturale è un qualcosa che non possiamo prevedere.
Diversamente invece, quando l’uomo inizia ad agire sul territorio, ci si può aspettare fenomeni di subsidenza, accelerando quelli naturali o addirittura provocandoli. Fra le attività che possono innescare la subsidenza in un territorio vi sono: l’eccessivo sfruttamento delle falde acquifere, l’estrazione di idrocarburi e le bonifiche idrogeologiche.
Anche l’Italia non è esclusa dai fenomeni di subsidenza, basti pensare a Venezia (che è vittima sia della subsidenza che anche dell’innalzamento del livello del mare), ma anche la zona del Delta del Po, dove negli anni ‘30/’40 si estraeva metano immettendo acqua marina nel sottosuolo e già negli anni ’50 si subirono le prime e veloci conseguenze (alluvioni e rotte del Po) con successive riparazioni (argini fiumi e mare ma anche bonifiche e ponti).
La subsidenza è un fenomeno globale, ma anche italiano, dove Venezia ne è il più limpido esempio. L’uomo dalla sua, come sempre accade, deve porre attenzione alle proprie azioni, evitando sfruttamenti ed eccessi, perché specialmente per quanto riguarda la subsidenza, gli effetti sono immediati e quanto mai pericolosi.
Articolo di Mario Antonio Conte – Volontario
La Regione Campania partecipa anche quest’anno con un finanziamento ai vigili del fuoco nella lotta agli incendi estivi, sia per il calore che quelli dolosi.
“Abbiamo firmato – spiega il governatore Vincenzo De Luca al termine dell’incontro nella Prefettura di Napoli con il dipartimento dei vigili del Fuoco e il ministero dell’Interno – un accordo per la tutela dei cittadini e sugli incendi nella Terra dei Fuochi e nelle zone montane.
I vigili del fuoco hanno deciso anche di instaurare una struttura ad hoc per il Parco del Cilento che ha registrato parecchi incendi lo scorso anno. Ci stiamo preparando al meglio e contiamo anche sul senso di responsabilità dei cittadini e sull’aiuto delle forze di volontariato, per il resto siamo pronti a fare fronte a qualunque emergenza”.
La lotta agli incendi boschivi avviene tramite le classiche norme di comportamento da tenere a mente quando si va a fare un pic-nic in montagna (come l’accensione dei barbecue, lo spegnimento dei mozziconi, i rifiuti plastici abbandonati) ed anche con la selvicoltura preventiva, il cui obiettivo è la cura dei boschi pre-incendio, attraverso la creazione di viali tagliafuoco e la riduzione di biomassa nei boschi sovraffollati, permettendo di ridurre, in caso di incendio, il passaggio del fuoco da una chioma all’altra dell’albero.
Inoltre, da alcuni anni si sta attuando in campo anche una nuova tecnica, il fuoco prescritto, che consiste nel prevenire gli incendi boschivi attraverso l’uso del fuoco stesso. Questo, infatti, quando controllato (da operatori AIB addetti allo spegnimento), permette di creare nel bosco delle vere e proprie “zone” prive di infiammabilità, in modo che il fuoco “distruttivo”, quando passa, non trova il combustibile di cui ha bisogno per alimentarsi e si estingue.
Visto che, a poco a poco, le nostre foreste stanno scomparendo, è estremamente importante focalizzarsi sulla prevenzione, intervenendo prima che intere montagne vengano travolte dal fuoco.
Articolo di Matteo Annunziato – Volontario
Nel corso degli anni per fortuna, la raccolta differenziata in Italia ha preso sempre più piede, aumentando la percentuale nazionale di anno in anno. Tanti comuni nel corso degli anni sono riusciti ad ottenere risultati ottimi, superando anche l’80% di materiale differenziato, ma in molti altri invece non si è riusciti neanche a raggiungere la soglia del 65% che ormai è d’obbligo per legge.
Fondamentalmente esistono due sistemi di raccolta differenziata, quella porta a porta e quella stradale. Con la prima si è in grado di ottenere risultati migliori, in quanto si riesce a controllare meglio ciò che ogni singolo cittadino ripone davanti la propria abitazione, ma ha elevati costi di gestione. La seconda invece è l’esatto opposto, meno controllo sui rifiuti conferiti nei cassoni stradali, ma minori costi.
In entrambi i casi però, per noi cittadini è importante sapere come differenziare correttamente ogni singolo rifiuto, ricordandoci che alcuni di essi devono essere scomposti e ogni parte va differenziata diversamente. Partiamo col descrivere le varie categorie, ovvero:
- Umido Organico, tutto ciò che sono scarti di cucina, avanzi di cibo, i fondi del caffè, tovaglioli di carta, fiori vecchi, ceneri, ecc.
- Plastica e Alluminio, bottiglie di plastica, vasetti, vaschette, buste, lattine in acciaio e alluminio, scatolette e contenitori in metallo, ecc.
- Carta e Cartone, quindi giornali, libri, quaderni, imballaggi e scatole di cartone, cartoncini, ecc.
- Vetro, bottiglie vasi e barattoli in vetro, bicchieri, ecc.
- Secco non riciclabile, piatti e posate sporchi di plastica, cd, giocattoli, fiori finti, spazzolini, in generale quei rifiuti che non rientrano nelle categorie precedenti
Queste sono le categorie principali in cui i rifiuti vengono divisi, a cui però vanno aggiunte altre due ulteriori categorie, ovvero:
–Rifiuti Pericolosi, che in genere hanno degli appositi contenitori sparsi per il territorio, in cui rientrano rifiuti come pile, batterie, farmaci scaduti, e altri
–Rifiuti Ingombranti, in cui rientrano materiali come frigoriferi, televisioni, computer, lavatrici, divani, ecc. che di solito vengono ritirati su chiamata o consegnati dal cittadino direttamente presso le stazioni ecologiche.
Queste descritte sopra sono le regole generali per la raccolta, ma spesso può capitare che da comune in comune un determinato rifiuto va conferito in modo diverso, quindi come comportarci quando non ci troviamo in un comune che non è il nostro? Una delle soluzioni è leggere le regole del conferimento per quel comune (di solito si trovano online oppure su un app del comune specifico). Un altra soluzione ci viene data da un app indipendente, come Junker. Quest’ultima può aiutarci su moltissimi aspetti della raccolta differenziata, infatti se fra le nostre mani abbiamo un prodotto che non sappiamo come riciclare, tramite Junker possiamo scannerizzare il bar code e l’app ci restituirà (anche a seconda del comune dove ci troviamo) tutte le informazioni su come riciclare correttamente ogni singolo elemento, dall’imballaggio ad ogni piccolo componente smontabile.
Insomma, la raccolta differenziata oggi è più che possibile e deve diventare una cultura più diffusa, magari anche con l’insegnamento all’interno delle nostre scuole, perché riguarda il nostro futuro, il nostro pianeta! Inoltre se si ha dei dubbi vi sono diverse soluzioni, come una semplice ricerca online oppure app specifiche come Junker. Quindi da oggi non si hanno scuse, avanti con la Differenziata!
Articolo di Mario Antonio Conte – Volontario
Quando parliamo di rischio va considerata anche la sua possibilità o potenzialità perché non si ha la certezza che un fenomeno accada, né che abbia una certa intensità o che provochi determinate conseguenze.
Per questo motivo il sistema di Protezione Civile considera tra i rischi anche quelli derivanti da eventi di origine antropica.
Per valutare concretamente un rischio, non è sufficiente conoscerne la pericolosità, occorre anche stimare attentamente l’esposizione, cioè le vite e i beni presenti sul territorio che possono essere coinvolti da un evento e la loro vulnerabilità rispetto agli eventi presi in considerazione.
A volte ci troviamo di fronte a delle situazioni di rischio altamente improbabili o del tutto impensabili, come il verificarsi di emergenze in zone del pianeta in cui la resilienza della popolazione è fortemente ridotta a causa della presenza di conflitti o instabilità politico-militari.
Questo aspetto interessa appunto il Meccanismo Europeo di Protezione Civile. In particolare, dopo l’evento definito “black swan” relativo agli attacchi alle Torri Gemelle dell’ 11 settembre 2001, il Ministero dell’ Interno ha elaborato diverse strategie di prevenzione e pianificazione di interventi per garantire un soccorso efficace. Numerose sono state nelle ultime settimane le notizie riguardo ad un possibile utilizzo di pratiche non convenzionali nel conflitto fra Ucraina e Russia, o le preoccupazioni per la stabilità della centrale nucleare presente a Zaporizhzhia. Al di là di questo, è importante sapere che in caso di rischio nucleare, ed altri casi connessi a questi attacchi di tipo “non convenzionale”, intervengono dei nuclei di soccorso specifici.
Sono i nuclei NBCR, presenti ad oggi su tutto il nostro territorio nazionale.
Ma cosa significa NBCR? Chi sono? Che cosa fanno?
Innanzitutto il termine NBCR è acronimo di Nucleare – Biologico – Chimico – Radiologico. Ne fa parte un gruppo specializzato di Vigili del fuoco, chiamato ad intervenire in caso di situazioni eccezionali e nelle condizioni più difficili a causa della presenza di sostanze potenzialmente pericolose per la pubblica incolumità (ad esempio contaminazione da radiazioni nucleari, attentati con armi non convenzionali, rilasci di sostanze pericolose come gas o carburanti a seguito di incidenti).
Come entrano in azione?
Gli specialisti del nucleo NBCR vengono impiegati a seguito del verificarsi di crisi che comportano il rilascio in aria di agenti chimici, biologici, nucleari o esplosivi che sono dannosi per l’uomo. Gli operatori sono equipaggiati con particolari tute scafandrate per la protezione personale, dotate di auto protettori che consentono la respirazione anche in ambienti contaminati. Hanno in dotazione:
-maschere antigas;
-rilevatori di sostanze pericolose, strumenti PID-MIS;
-sensori elettrochimici;
-particolari mezzi come l’IVECO-ONE, un’unità mobile progettata proprio per la rilevazione di agenti chimici e nucleari, per la decontaminazione di persone, veicoli e terreno, nonché per il recupero delle sostanze pericolose.
Durante il loro intervento sul territorio provvedono al salvataggio delle persone ed alla divisione in zone di pericolo dell’aria che viene chiamato tecnicamente “zoning”. Si va ad identificare un’area rossa, più contaminata e a maggior rischio, un’area arancione di transizione, e infine un’area verde di decontaminazione e da dove vengono condotte le operazioni.
Periodicamente vengono effettuati addestramenti tenendo conto dei diversi scenari, come ad esempio il recente programma di formazione ed esercitazione RESIST, ideato per rafforzare la capacità di intervento degli operatori di infrastrutture critiche in caso di emergenze NBCR. Un’infrastruttura può essere una linea di trasporto, un impianto di generazione di energia, una linea che gestisce comunicazioni, un ospedale. Innovativa è stata l’attivazione di un drone, ancora in fase sperimentale, integrato con sensori radiologici, i cui dati venivano trasmessi in tempo reale alla sala d’emergenza.
L’obiettivo di queste esercitazioni è dunque la consapevolezza che è necessario sempre operare in tre direzioni: preparazione, prevenzione e protezione.
Articolo di Valeria Casaburi – Volontaria
Oggi, 27 Marzo 2022, si festeggia il trentennale di un servizio gratuito e fondamentale, l’istituzione sul territorio nazionale del 118. 30 anni fa è stato istituito a livello nazionale, ma in realtà l’idea di un numero gratuito per le emergenze sanitarie è nato circa 2 anni prima, nel 1990 a Bologna. Una sperimentazione ben riuscita, in quanto nel giro di 2 anni il decreto del Presidente della Repubblica ne consentì la realizzazione anche nelle altre città, seguendo il modello delle centrali operative sperimentate a Bologna.
In 30 anni il servizio si è evoluto con l’evolversi della tecnologia: la maggiore diffusione di telefoni cellulari prima, e di smartphone ora, che consentono anche l’attivazione di videochiamate, la possibilità di attivare l’elisoccorso, applicazioni che con uno smartphone ci permettono di trovare i defibrillatori più vicini a noi, ecc.
Anche se ora si sta diffondendo sempre di più l’uso del Numero Unico di Emergenza, ovvero il 112, che poi smista le chiamate in base all’emergenza in corso, il 118 resta comunque attivo, e va utilizzato quando si vuole richiedere un intervento sanitario per qualcuno che è in pericolo di vita, o in linea generale in casi urgenti.
La chiamata di emergenza resta sempre la stessa, da 30 anni a questa parte, andiamo a ripercorrerla ricordandoci sempre che è quanto mai fondamentale mantenere la calma, non farsi prendere dal panico e parlare con chiarezza.
LA CHIAMATA DI EMERGENZA
– Iniziamo con una presentazione, comunicando il nostro nome e cognome e il numero di telefono dal quale stiamo chiamando.
– Passiamo col descrivere la posizione in cui ci troviamo, in cui è accaduto l’evento, comunicando quanti più punti di riferimento possibili: città, via e numero civico, nome sul campanello se si è in casa, un negozio o un punto di riferimento ben visibile se si è in strada.
– Dopodiché passiamo col descrivere l’evento o la situazione che ci troviamo davanti: quante sono le persone coinvolte, i danni che hanno subito e la dinamica dell’evento se si era presenti.
– Se è possibile, provare anche a dare una descrizione delle condizioni delle persone coinvolte (se sono coscienti, se respirano oppure no) può essere d’aiuto all’operatore per inviare sul posto il personale più adatto.
– Se è stata effettuata anche qualche manovra di primo soccorso, è bene descriverla.
– Successivamente passiamo ad ascoltare le indicazioni e le domande dell’operatore, ricordandoci che resterà sempre in linea con noi fino all’arrivo dell’ambulanza, quindi mai riattaccare.
Se dimenticate qualche passaggio, non preoccupatevi, sarà l’operatore stesso a guidarvi con le domande adeguate, l’importate è, come detto in precedenza, mantenere la calma e non farsi prendere dal panico, in quanto allungherebbe solamente i tempi di intervento!
Articolo di Mario Antonio Conte – Volontario